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L'area di Cimalegna è un luogo ideale per esaminare la storia geologica delle Alpi nord-occidentali, con particolare riguardo ai processi geodinamici che in 200 milioni di anni hanno generato il rifting continentale, l’apertura dell’oceano mesozoico ligure-piemontese (Tetide occidentale), la sua graduale chiusura in subduzione (da 90 Ma), la collisione (45 Ma) tra il margine continentale europeo (Zona Pennidica) ed il sovrastante margine continentale adriatico (Austroalpino), il sollevamento finale della catena.


A scala globale, siamo di fronte ad un margine di placca divergente (formazione dell’oceano) e poi convergente (subduzione oceanica e collisione continentale).
A Cimalegna e lungo la cresta spartiacque con la valle del Lys troviamo in un breve spazio rocce provenienti da zone molto distanti e da ambienti molto diversi, continentali ed oceanici, una lunga storia geologica che ha coinvolto anche porzioni profonde della crosta terrestre e scaglie del mantello litosferico.


L’ambiente naturale è interessante anche sotto l’aspetto pedologico, per i suoli che si formano in condizioni particolari per la presenza di una zona quasi pianeggiante, di quote elevate e di condizioni climatiche estreme. Se confrontati con i tempi geologici, essi si formano “in un attimo” costituendo la pellicola più superficiale della crosta terrestre.

Un'escursione semplice, con dislivello minimo e sentiero ben segnato e largo ma con scalini e alcuni tratti abbastanza ripidi. Ottimo per camminatori con un minimo di allenamento.

Itinerario

Percorrendo il sentiero per Otro dopo circa ¾ d’ora di cammino è facile riconoscere tra la vegetazione l’imbocco del sentiero che in 5 minuti conduce alle miniere di manganese. Quello che rimane sono alcuni resti degli edifici, dove il minerale era raccolto, e l’arrivo della teleferica usata per trasportarlo ad Alagna. Poco distante l’imbocco della miniera, che porta per alcune decine di metri nella montagna, dove sono ancora visibili le impalcature di legno che sostenevano la volta della galleria.

Entrare all'interno della miniera non è consigliabile, ma si possono osservare le strutture e gli edifici a servizio dell’attività estrattiva, i terrazzamenti, le scale e sentieri che i minatori attrezzarono. Si consiglia una visita al sito per il fascino dell’ambiente e la particolarità dei luoghi, adottando tuttavia le opportune precauzioni in considerazione del fatto che gli edifici sono ormai pericolanti e che il sentiero nell'ultimo tratto, per quanto segnalato e rivisto, ha passaggi difficili ed è da considerarsi per escursionisti esperti.

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Il manganese è un metallo usato dall’uomo fin dalla preistoria: pigmenti a base di diossido di manganese sono stati ritrovati in pitture rupestri di 17.000 anni fa, gli egizi e i romani lo usavano a fabbricazione del vetro, gli spartani lo univano al ferro per garantire alle loro armi la leggendaria durezza. Oggi è indispensabile per la produzione dell’acciaio inossidabile e nelle leghe di alluminio.

Tra le due guerre mondiali in funzione delle scelte autarchiche del governo Mussolini, s’intensificarono su tutto il territorio italiano le ricerche dei metalli e del manganese in particolare, che era impiegato dall'industria aeronautica.
In questo contesto storico, le Ferriere Piemontesi, nate nel 1907 e acquistate dal gruppo FIAT nel 1917, votate alla produzione di acciai speciali, armi e proiettili oltre che ruote, cerchioni e pezzi di carrozzeria, ottennero il 28 novembre 1938 il permesso di sfruttare il giacimento di manganese affiorante in località Belvedere, presso Otro.

Contemporaneamente estendevano i loro sforzi su due concessioni limitrofe: quella chiamato Punta Strailing in alta val D’ Otro e nella zona sotto il corno Rosso che ottennero nel 1940. Fino ad allora la concessione per lo sfruttamento del giacimento del Belvedere era stata dell’A.M.M.I, società che aveva in Valsesia numerose coltivazioni minerarie tra cui Doccio, Balmuccia, Sella Bassa a Scopello e Becco d’Ovaga a Varallo. L’A.M.M.I tuttavia spostò progressivamente i suoi interessi dalla Valsesia alla val D’Ossola, lasciando la coltivazione in val d’Otro pressoché inutilizzata. Fu la subentrante FIAT che si dedicò a nuove ricerche e accolse con entusiasmo e soddisfazione la “scoperta” della miniera di Alagna-Otro alla quale destinò investimenti importanti.

Wally Moretti vedova Farinetti, impiegata presso la segreteria delle miniere, ricorda di aver assistito alle analisi del minerale eseguite dagli ingegneri della Fiat “in modo artigianale e con macinatura manuale” e rammenta la loro soddisfazione per la qualità del minerale estratto, di colore rosa, che non presentava tracce di nichel-ferro presenti invece nelle altre miniere valsesiane. Superate positivamente le fasi di valutazione del sito, la FIAT avviò con rapidità la costruzione di una teleferica per il trasporto dei materiali con sbarco in località Fabbriche a un centinaio di metri a sud del ponte sul torrente Otro, rialzata rispetto alla strada carrozzabile, per facilitare il carico dei mezzi di trasporto. Avviò la costruzione in prossimità dell’ingresso della miniera di alcuni depositi di materiale, di un locale destinato a ospitare le macine e le tramogge e di un ricovero per gli esplosivi. Furono ingaggiati un numero importante di operai e fu locata una casetta in paese, dove vennero collocati gli uffici e un piccolo alloggio per il personale.

Un servizio mensa era stato convenzionato invece con l’albergo Stainer per gli impiegati e i dirigenti, mentre per i minatori cucinava la valdostana signora Thiebat. Racconta Wally: “ personalmente, avendo alle spalle un’esperienza lavorativa presso l’A.M.M.I, abbandonata per l’indisponibilità paterna ad accettare il trasferimento in Val d’Ossola propostomi, potevo apprezzare l’impegno profuso dalla FIAT nell’iniziativa”. Progressivamente la miniera di manganese assunse in paese la meritata importanza e, nel gergo comune, fu chiamata “la Minera”, quasi a volerne sottolineare l’unicità. Per il trasferimento del minerale erano usati camion di dimensioni imponenti che provvedevano al trasporto sino a Varallo dove il materiale era caricato su carri ferroviari con destinazione Torino. “Corso Mortara, 7” dice Wally “sono state talmente tante le lettere che ho indirizzato alla direzione della FIAT che, nonostante siano passati quasi 70 anni, quella via non la posso dimenticare”.

Il numero dei dipendenti della miniera crebbe velocemente: dai 17 del 1940 ai 66 del 1941 altrettanto velocemente diminuì finita la guerra. Nel 1946 erano 64, nel 1947 31 e nel 1948 26. Si continuò ancora fino all’estate del 1949 con 8 uomini. Nell’ottobre, alla scadenza del permesso, il cantiere era già stato abbandonato. “Erano anni in cui in tutta la strada che portava in val d’Otro non si trovava un rametto sui sentieri, i boschi errano puliti perché gli operai tornando a casa raccoglievano la legna. Sul sentiero per Otro pareva che ci fosse passata la nettezza urbana” raccontava Franco Fanetti, che alla miniera lavorò negli anni della guerra. Suo padre Giuseppe, che era stato nei Carabinieri, era invece custode degli esplosivi e lì trascorreva le notti, perché in quegli anni difficili era necessario controllare che non fossero rubati.

Alla miniera ci fu anche un incidente mortale che costò la vita a Emilio Berta di Balmuccia; una carica inesplosa, “gravia”, come si diceva in gergo, racconta Alberto Gualdi classe 1919, esplose mentre i minatori cercavano di disinnescarla. “Non tutti sapevano montare le cariche, bisognava avere esperienza e tanti lavoravano in miniera per non andare in guerra e così non c’era tempo di addestrarli. Quando la prima carica esplodeva le lampade ad acetilene si spegnevano per lo spostamento d’aria e si restava al buio, magari a 100 m sottoterra, e bisognava restare calmi e contare che tutte le cariche fossero esplose. Ma chi non era preparato, si spaventava, aveva paura. Un ragazzo che avevano mandato con me, mi era scappato, e urlava nella galleria ed io non sapevo come prenderlo. Matto, era diventato matto! A me piaceva fare quel mestiere, poi c’era silenzio, nelle gallerie faceva caldo e si poteva anche dormire“.

Le miniere e i minatori furono il cuore vivo dell’Alagna degli anni della guerra; gli uomini non partiti per il fronte ci lavoravano, l’attività produttiva dava una parvenza di vita normale e i proventi della miniera aiutarono diverse famiglie non morire di fame. E fu allo spaccio della miniera che si festeggiò la fine della guerra con un grande ballo cui partecipò tutta, ma proprio tutta la gioventù. E pare fu una grande festa con una damigiana di vino messa al centro della sala, dove tutti potevano bere, e poi la fisarmonica e i balli e probabilmente anche una grande rissa, una festa magnifica che è rimasta viva nel cuore di chi oggi è ancora qui a ricordarla.

Passeggiata breve ma su terreno sconnesso e spesso invaso dalla vegetazione. Luogo curioso da cercare con attenzione.

Itinerario

Dalla chiesa di Alagna si sale lungo la strada carrozzabile in direzione del piazzale del Wold (20 min). Pochi metri dopo aver incontrato sulla destra il ponte che collega la statale con i campi del Wold, si trova sulla sinistra il sentiero che porta alla frazione Merletti. Pochi metri dopo l'imbocco svoltare a sinistra e seguire il sentiero. (10 min)

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A monte della frazione Merletti si trova il forno della calce a fianco del rio Fornace. Si presenta come una struttura tronco conica, in pietra con un diametro di 2,7 m alla base e 2 m nel culmine. Nella parte bassa, gravemente danneggiata, si vede la bocca del forno dalla quale si alimentava il fuoco con la legna. Resta invece ben conservata la parte superiore, dove s’introduceva, fino a circa 70 cm dalle braci ardenti, il materiale calcareo che era estratto da una cava poco distante. Quello di Merletti fu il forno più grande e importante della comunità e fu utilizzato l’ultima volta nel 1922 per la produzione della calce per costruzione della villa Grober al centro di Alagna.

Una bella passeggiata nel cuore delle frazioni antiche: la frazione Ronco.

Itinerario

Si raggiunge la frazione Pedemonte (900 m dal centro di Alagna) e si prosegue fino al termine della strada 100 m più avanti dove inizia il sentiero per la frazione Ronco (10 min). Sconsigliato l'uso dell'auto perchè gli spazi parcheggio sono assai pochi in quest'area.

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La frazione Ronco se ne sta in equilibrio, aggrappata sulle pendici della montagna, che da Pedemonte si fa più ripida. Un piccolo agglomerato di case baciate dal sole. Come ogni frazione anche qui si trova un forno per il pane, costruzione indispensabile per le piccole comunità Walser autosufficienti.
La costruzione è in pietra con travature di legno e si appoggia a un muro a secco di una vicina casa. Su una parete esterna si legge la data 1618. Una porta di ferro chiude la camera di combustione e cottura, che dopo i restauri ha visto la sostituzione delle pietre con mattoni refrattari.
Nello spazio coperto antistante cassoni per gli impasti e assi d’appoggio per i pani ormai cotti. Tutto il necessario per la panificazione che in passato avveniva due volte l’anno, in primavera e autunno. Il forno è perfettamente funzionante ed è ancora utilizzato in speciali occasioni. Ora come un tempo, un momento di grande socialità, d’incontro e di festa.

Passeggiata facile che ha come meta la frazione Uterio dove si possono visitare i mulini ad acqua.

Itinerario

Dalla chiesa di Alagna si percorre la strada che porta nel parco naturale; dopo circa 800 metri si prende il primo ponte carrozzabile sulla destra e si sale in direzione della frazione Pedemonte (museo Walser). Presa poi la prima strada ,dopo circa 150 m sulla sinistra, passato il piccolo ponte di legno e al bordo inferiore della frazione si trovano i mulini(30 min).

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I mulini di Uterio, dove per secoli la popolazione Walser ha trasformato i cereali in farina, sono una delle tappe dell'ecomuseo della cultura Walser. Si trovano in frazione Uterio, a poche centinaia di metri dal museo Walser di Pedemonte. Sono edifici originali, perfettamente conservati. Sugli architravi in pietra si leggono le date 1552 e 1694. Sotto, in uno spazio semiaperto, si vedono le ruote idrauliche poste in posizione orizzontale con pale a forma di mezza scodella (per sfruttare anche una minima quantità d’acqua) e le canaline di legno, che vi portano l’acqua proveniente da una derivazione del Sesia. Le porte aprono a piccoli locali, dove trovano posto le macine in pietra riparate da coperchi di legno e cassoni per la raccolta della farina.
Non è difficile immaginare gli uomini arrivare piegati sotto il peso dei sacchi pieni di cereali. Assoluta protagonista tra i Walser era la segale, cereale principe a queste altitudini, che era coltivata in quantità nei terrazzamenti della zona.
I mulini della frazione Uterio sono considerati particolarmente rappresentativi, sebbene non fossero gli unici sul territorio, per lo stato di conservazione quasi ottimale. Una passeggiata facile, breve ma davvero interessante! Interessante anche la vista alla frazone Uterio dove le case Walser sono pressochè intatte.

La passeggata per tutti: pianeggiante, panoramica, costeggia il Sesia e lascia ampi spazi a soste, aree pic nic e "spiaggette" lungo il fiume.

Itinerario

Il percorso costeggia il lato sinistro del Sesia. Ad ogni ponte è possibile raggiungere la strada carrozzabile. Il primo tratto va dal ponte di Schenine al fondo di Alagna, dal ponte della Balma a Riva Valdobbia (30 min). Poco prima del ponte, quando si incontra un fontana svoltando a destra, passando quindi sotto il ponte, si prosegue in direzione del ponte del Gabbio (15 minuti). Il percorso continua in direzione del ponte di Isolello, vertice del circuito (30 min) . Da Alagna al ponte di Isolello sono circa 5 km

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La regione conosciuta come In d’Schenine (in lingua walser “ai luoghi belli”), raccorda le frazioni di Alagna e Riva, è un un’ampia zona pianeggiante, che digrada morbida ed erbosa verso la sponda di ghiaia della sinistra orografica del Sesia. Percorsa d’inverno dalla pista di fondo, è, nelle restanti stagioni, luogo adatto a facili passeggiate e insoliti percorsi tra massi erratici coperti di muschi, anfratti e piccole grotte. Il sentiero comodo e perlopiù pianeggiante e la peculiarità del posto fanno dell’area il luogo ideale per le scampagnate con i bambini e i pic-nic in riva al fiume, che di tanto in tanto riserva slarghi sabbiosi. Oggi è oggetto di un progetto di recupero ambientale da parte di Orti delle Piane, azienda agricola locale, che si occupa di agricoltura naturale e si propone di riportare l’area agli antichi splendori tramite il reimpianto di coltivazioni a frutteto, frutti di bosco e ortaggi. Per raggiungere Schenine dalla Chiesa di Alagna si percorre la bella via principale fino all’altezza del Residence Indren Hus, circa 120 metri dopo, sulla sinistra, inizia la strada frazionale di Giacomolo. Seguire la strada fino alla piazzetta e svoltare a sinistra. La strada sbocca sulla circonvallazione. Imboccare il ponte di Schenine sul lato opposto della carrozzabile e attraversare il Sesia. Il sentiero conduce alla località Sesietta di Riva Valdobbia con un percorso di circa 3 km. Il ritorno può essere fatto lungo la stessa via oppure lungo la statale 299 che conduce ad Alagna. Lungo il percorso s’incontra la frazione Balma, bella frazione walser di Riva Valdobbia e più oltre le soleggiate frazioni di Piana Fuseria e Gabbio circondate da campi e frutteti. Proseguendo lungo la sponda del Sesia, immersi nel bosco antico di Gabbio dove si sviluppa un bel percorso fitness, si raggiungono l’antico ponte in pietra di Isolello e la frazione omonima, che merita la visita per l’attenta ristrutturazione di cui è stata oggetto degli ultimi anni. Si rientra verso Riva Valdobbia costeggiando il tunnel dell’Alzarella sul lato sinistro e si raggiunge Riva percorrendo la vecchia strada carrozzabile, bellissima in tutte le stagioni per i colori del bosco che attraversa. Da Riva poi si torna ad Alagna lungo la statale (10 km per fare tutto l’anello).

Una passeggiata per il centro di Alagna, prestando attenzione agli angoli che passano inosservati ai più.

Itinerario

Dalla Chiesa alla piazza Regina Margherita passando per la via vecchia, quindi le frazioni Pedelegno, Reale, Giacomolo e Resiga (45 min) per rientrare poi alla frazione Reale superiore attraverso i prati e ritornare alla Chiesa. (45 min)

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La via centrale di Alagna è affiancata da una strada più stretta, solo pedonale; è la via centrale dell’Alagna del secolo scorso, che percorre il cuore delle frazioni del centro. La via è affiancata a tratti da una derivazione del torrente Olen, che in passato alimentava fontane, lavatoi, abbeveratoi e mulini.
Muovendo dal portico dalla Chiesa Parrocchiale, all’altezza del Caffè del Centro, si accede a questa strada.

Percorsi pochi metri è ben visibile la roggia, oggi senz’acqua. La parte a cielo aperto termina contro la baita Gnifetti, che fu in passato un mulino, e prosegue poi il suo corso sotto il municipio in direzione della frazione Pedelegno. Il primo tratto sbocca in piazza Regina Margherita, sulla quale si affaccia Casa Smitt, elegante edifico Ottocentesco nato come casa di villeggiatura destinata al turismo d’elite, che caratterizzò la rinascita di Alagna insieme al nascente interesse per l’alpinismo sul Monte Rosa.

Oltre la piazza si entra nella frazione Pedelegno, ormai fusa con gli edifici moderni del centro di Alagna, che rivela tutta la sua poesia nell'intricato susseguirsi di tetti e case in prossimità del cuore del borgo. La nuova piazzetta con la fontana Necer, ariosa architettura voluta da Michele Necer, noto marmista Alagnese emigrato a Berna, sorge nel luogo dove la roggia alimentava in passato un lavatoio. La strada vira in direzione della frazione Reale, costeggiando ville dei primi del Novecento. In prossimità dell’edificio in pietra dell’Indren Hus, s’incontrano l’oratorio della Visitazione, rialzato rispetto la strada, la Cappella dedicata a Santa Maria delle Grazie e una grande croce in pietra, ex voto di una donna walser scampata alla furia di una valanga. Qui l’antica via s’immette nella più moderna via dei Walser e prosegue fino all’altezza di una stretta curva a gomito, detta curva del Perello, così chiamata per lo storico negozio appartenuto alla famiglia Perello, che su questa si affacciava e che per decenni è stato l’emporio principale della comunità Alagnese. Lì anche la casa dove visse i suoi ultimi anni il Teologo Farinetti, indiscusso protagonista della cultura Alagnese dell’Ottocento e compagno del parroco Gnifetti nella prima salita sul Rosa.

Riprendendo l’antica via troviamo la casa natale di don Giovanni Gnifetti in frazione Giacomolo. Nato nel 1801 e parroco di Alagna per 38 anni, nel 1842 conquistò la punta Signal, da cui il nome di Punta Gnifetti sulla quale oggi sorge la Capanna Margherita, osservatorio dedicato alla regina Margherita di Savoia. Poco oltre è la casa D’Henricis, famiglia cui appartenevano i fratelli Melchiorre, Giovanni e Antonio (conosciuto come Tanzio da Varallo) indiscussi protagonisti del barocco valsesiano. Tanzio fu artista di respiro nazionale, noto come il Caravaggio delle Alpi, le cui opere sono ospitate nelle più importanti pinacoteche italiane.

Lì accanto è visitabile la piccola cappella dedicata a San Defendente, nel cui interno si vede un’ancona lignea con i nomi dei committenti: Eva e Giovanni D’Enricis. La strada frazionale s’immette ancora sulla via principale e termina al ponte d’Otro, confine ideale tra le frazioni di Alagna e Riva Valdobbia. Prima del ponte, inizia la via dei Walser e poco più avanti s’incontrano le prime case della frazione Resiga, così chiamata per la presenza di una segheria ad acqua, che si appoggia su di un’ampia zona pianeggiante. Questo luogo fu scelto per la presenza delle acque abbondanti del torrente Otro e per la sua posizione (è la frazione più bassa di Alagna) che facilitava il trasporto in loco dei legnami destinati al taglio. La segheria, tappa dell’ecomuseo, tutt’oggi funzionante, era attivata da una ruota idraulica a palette detta “veneziana”, alimentata dalle acque indotte in un canale di captazione.

Uscendo dalla frazione, in mezzo ai prati si vede il grande masso detto “der Pulferstein” che nel ’600, staccatosi dalla montagna, distrusse la frazione di Pè d’Otro. Al suo interno fu ricavato nel secolo scorso un locale usato come deposito per la polvere esplosiva delle miniere. Oggi è la palestra di roccia del Corpo guide di Alagna. Proseguendo lungo la via dei Walser si giunge in frazione Reale. Il sentiero porta davanti all'oratorio di San Pantaleone, e prosegue fino alla piazzetta frazionale con la fontana monolitica, circondata da belle case walser, su una delle quali è visibile un’emozionante Madonna cinquecentesca con bambino.

Seguire il sentiero lastricato dopo il piccolo ponte sul rio Fuar del Reale, che porta direttamente in frazione Pedelegno nei pressi dell’Unione Alagnese, tappa dell’ecomuseo. Lo splendido edificio in pietra ospita il teatro, inaugurato il 30 dicembre 1900. Conserva intatto il suo fascino d’inizio secolo ed è un attivo centro di aggregazione della comunità Alagnese. Al suo interno i dipinti delle allegorie di Ars e Labor, opera del pittore valsesiano Camillo Verno (Campertogno 1870 – 1942) e le scenografie di Ercole Sormani.

Rientrati sulla via Centro, si prosegue in direzione della chiesa ammirando sulla destra, nei pressi dell’ufficio postale, la Casa Stainer, bellissima baita perfettamente conservata e sul lato opposto la casa del presbitero Giovanni Bruno, oggi in parte ristrutturata che mostra sulla facciata due stemmi (uno in pietra ollare e l’altro in marmo bianco) segno della sua storia e di fasti passati.

Le frazioni del centro sono il secondo insediamento walser dopo quello delle frazioni Pedemonte e Ronco. I membri di alcune famiglie di Pedemonte fondarono questa frazione sulle terre appartenenti al monastero di San Nazzaro. Nasceva ai piedi dell’alpe Alagna, Lania o Olen divenendo così Pè de Alagna, Pè de Lania o Pè d’Olen (Pedelegno). In uno dei primi documenti si attesta che Pietro Enrigone vende la sua proprietà di Pedemonte per 80 lire imperiali e si stabilisce a Pedelegno con la madre, anno 1328. Lungo il corso del XV secolo, i coloni danno vita ad altri insediamenti come Pè d’Otro (oggi Resiga) e Riale.

Il giro delle frazioni alte tocca gli abitati che sovrastano il centro di Alagna e gli fanno da corona. Sono le frazioni più popolate dai residenti, anche se la strada che le raggiunge è ripida e stretta e appaiono al visitatore meno villaggio turistico e più vissute.

Itinerario

Dalla chiesa di Alagna passando per la frazione Montella (20 min) fino alle frazioni Goreto e Rusa (40 min). Rientro attraverso la frazione Piane e Dosso (30 min) e discesa ad Alagna passando da Fum Decco (30 min)

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Partendo dal portico della Chiesa si sale la scala che fiancheggia il cimitero e si entra in frazione Porazzo. Il sentiero, affiancato da case recenti mescolate a costruzioni dei primi del 900 e baite walser, si dipana accanto alla pista di rientro degli impianti funiviari e attraversa il torrente Olen su un piccolo ponte in prossimità della strada carrozzabile. Poco oltre riprende e sale in diagonale in frazione Montella, un vero balcone sul centro di Alagna, sospeso tra i prati e le baite. All’ingresso della frazione è l’oratorio di Maria Ausiliatrice, attorno al quale gira il sentiero e s’inerpica, fiancheggiando la bella baita detta dell’orso, perché per anni al suo colmo fu appesa la zampa dell’ultimo orso ucciso ad Alagna, verso il magico bosco di faggi, che porta in frazione Goreto. Questo tratto di strada assomma alla poesia dell’ambiente naturale, il fascino dei resti di antiche architetture ormai quasi sommerse dalla vegetazione, che ne fanno un luogo di grande grazia in tutte le stagioni (45 minuti).
Uscito dal bosco, il sentiero si sovrappone alla strada carrozzabile e conduce a una larga piana su ci si appoggiano, sul versante destro, la frazione Goreto e su quello sinistro, la frazione Rusa. Entrambi gli abitati sono insediamenti della prima metà del trecento, rimasti intatti nei secoli, dove si respira il tempo sospeso tra il passato di Alagna e la sua quotidianità di oggi. In frazione Goreto l’oratorio di San Giacomo Maggiore, benedetto nel 1685 e recentemente ristrutturato, si affaccia sulla piccola piazza dove è anche la bella fontana monolitica a due vasche. La frazione Rusa conserva case del 1400, di particolare interesse il portale in pietra della casa Muretto, con il fregio con i segni di casato e la data 1406. L’oratorio di San Giovanni decollato, appena fuori del centro abitato, benedetto nel 1678, conserva un grande altare barocco di legno intagliato e policromo. (45 minuti).
Seguendo il sentiero in direzione dell’oratorio si ritorna ad Alagna, mentre il sentiero frazionale prosegue raggiungendo prima la fontana monolitica della frazione e scende poi, comodo e ben segnato, in direzione del torrente Olen, attraversando un piccolo tratto di bosco dove s’incontrano i resti di due mulini, per sbucare nella frazione Piane in prossimità dell’oratorio di San Pietro. Il sentiero frazionale guida all’interno della frazione, costeggia i campi coltivati dell’azienda agricola Orti delle Piane e conduce in frazione Dosso, dove è ancora visibile un antico forno e scende in direzione di Alagna, serpeggiando tra muschi e arbusti in un bosco di larici e faggi. Questo tratto di sentiero, che corre sotto la cabinovia di Pianalunga, offre bei panorami sul centro di Alagna e il fondovalle e raggiunge prima la frazione Ecco e poi la frazione Bonda, arroccata sopra la piazza delle funivie, poetica per le case ben conservate e gli orti che la circondano (1 ora).

Il giro delle frazioni antiche tocca gli abitati che sono stati costruiti per primi dai coloni Walser. Abbarbicate ai bordi dei prati, sono luoghi dove il tempo si è cristallizzato.

Itinerario

Dalla piazza della Chiesa, passato il ponte di Zam T'achi si raggiunge Pedemonte passando per la frazione Ponte (30 min). Salita alla frazione Ronco (15 min) e Ronco Superiore (15 min) Discesa a San Nicolao e Uterio per dirigersi poi alle frazioni di Merletti (30 min). Il rietro ad Alagna centro avviene lungo la strada carrozzabile (30 min).

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Dalla piazza della Chiesa, cuore di Alagna si segue la strada in direzione della Piazza degli Alberghi, dove si affacciano gli alberghi storici dell’Alagna della belle epoque: il Monterosa e il Cristallo, un tempo conosciuto come albergo Ferraris. Poco dopo la piazza, sulla destra un ponte non carrozzabile attraversa il Sesia e conduce nei prati di Zam T’achi dove parte il sentiero, che costeggia la sponda sinistra del Sesia e conduce alle frazioni più antiche di Alagna. (15 min)

Per prima si incontra la frazione Pontedistrutta da un incendio nel 1819 e in seguito ricostruita con murature che preferiscono la pietra al legno, solo i loggiati hanno mantenuto la tipica architettura locale. Simbolo del borgo originario, è l’antico forno sopravvissuto all’incendio e tutt’oggi conservato. (15 min)

Proseguendo il sentiero per campi e prati si raggiunge la frazione Pedemonte, villaggio Walser intatto, dove ha sede il museo Walser. Al centro dell’abitato, nella suggestiva piazzetta su cui si affacciano case walser perfettamente conservate, è la splendida fontana frazionale costituita da due vasche monolitiche datate 1540 e 1557. Attraversando le strette vie ombreggiate dai tetti ravvicinati delle abitazioni, il sentiero conduce al seicentesco oratorio di San Nicolao dalla facciata elegantemente affrescata dai fratelli Avondo nel ’800. Il santo è particolarmente onorato nella frazione e il 6 dicembre è celebrato con la santa messa seguita dall’incanto delle offerte e la distribuzione delle mele ai bambini. (20 min)

Seguendo la strada carrozzabile di fronte all’oratorio in 5 minuti si raggiunge l’imbocco del sentiero che conduce alle case della frazione Ronco, bellissimo abitato appoggiato sulla costa della montagna e ben esposto al sole. Le vie strette, le case intatte e la posizione panoramica ne fanno una delle frazioni più affascinanti, arroccata attorno alla minuscola piazzetta su cui troneggiano le fontane monolitiche datate 1581. Poco distante, la frazione di Ronco Superiore, si fregia di alcune delle case e più antiche di Alagna. A Ronco Superiore si conserva anche uno Stodal-baiedificio rurale costruito su due piani con interposta intercapedine. Edifici di questo tipo sono piuttosto rari ad Alagna dove generalmente i locali destinati all’abitazione e quelli per uso rurale (stalla e fienile) sono conglobati in un unico edificio. (30 min)

Di ritorno dalla frazione Ronco è possibile attraversare il torrente Mud su un piccolo guado subito a destra dell’intersezione della strada frazionale con la carrozzabile. Passato il Mud, si entra nel territorio delle frazioni San Nicolao e Uterio dove s’incontrano due tappe importanti dell’ecomuseo: il forno frazionale e i mulini. Il forno era un elemento essenziale dell’economia di autosufficienza dei Walser. Proprietà delle famiglie che abitavano la frazione, era utilizzato 2 volte dagli abitanti per la produzione del pane che veniva prodotto, cotto e poi essiccato con la collaborazione di tutti gli abitanti. E’ composto di due corpi uniti da una muratura perimetrale: la parte posteriore occupata dal forno propriamente detto e la parte anteriore attrezzata per sorreggere, su apposite mensole in pietra, le tavole che accolgono le forme di pane. Poco distante è la quarta tappa dell’ecomuseo: i mulini di Uterio. Questi mulini, datati 1552 e 1694, resi funzionanti da un’antica derivazione di acqua dal Sesia, in passato erano utilizzati per macinare grano, segale e orzo di coltivazione locale. Si tratta di due mulini con ovvero con la ruota a tazze, posta in orizzontale di tipo vitruviano. Dentro il mulino un imbuto a forma di piramide conteneva i chicchi che una tramoggia convogliava nella macina dove la macinazione avveniva per attrito. Ad Alagna c’erano 27 mulini. (30 min)

Dai mulini di Uterio, seguendo la roggia di derivazione dell’acqua si ritorna al sentiero frazionale che parte da San Nicolao e porta alla frazione Merletti Inferiore, dove è ben conservato uno Stodal-bai datato 1646. A monte della frazione, in 10 minuti si raggiunge l’antica fornace per la produzione della calce, quinta tappa dell’ecomuseo. Il Forno, utilizzato l’ultima volta nel 1922 per la costruzione di villa Grober in centro Alagna, utilizzava il materiale calcareo trovato a ridosso del rio Fornace e grazie alle grandi quantità di legna del luogo, assicurava la produzione della calce all’economia locale. (30 min)

Di ritorno, passando per Merletti Superiore, merita attenzione la chiesetta di Santa Maria Maddalena (1691) che incorpora una più antica cappella dedicata a Sant’Anna che conserva ancora gli affreschi del sec. XV. (10 min)

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