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Percorso guidato per la vista della chiesa di Riva con il capolavoro di Melchiorre d'Enricis

La Chiesa di Riva, consacrata nel 1326, fu distrutta da una piena del torrente Vogna nel 1640 e ricostruita dove sorge oggi.
L’esterno colpisce per le due torri campanarie e per il grandioso affresco della facciata raffigurante il “Giudizio Universale e San Cristoforo” opera di Melchiorre d’Henricis di Alagna (fratello di Tanzio da Varallo).
Al centro dell’affresco è rappresentato San Michele Arcangelo nell’atto di pesare le anime al momento del giudizio finale. A sinistra, il gigantesco San Cristoforo, patrono della Valsesia delle zone di confine, proteggeva i viandanti che percorrendo la via Regia, partivano da Riva per recarsi in Francia.
Un arco in pietra a sesto acuto introduce in chiesa di Riva, il cui interno è riccamente arredato e ornato di opere pittoriche e scultoree. Di particolare pregio il Fonte Battesimale datato XI-XII secolo che con l’Assunzione della Vergine affrescata sulla cupola da Carlo Borsetti, il bassorilievo in pietra rappresentante Gesù Crocefisso del maestro lapicida HW, l’arcaica statua quattrocentesca di una Madonna ieratica col bambino fanno della chiesa di San Michele una meta importante dell’arte sacra valsesiana. Ogni anno a fine settembre nel giorno di San Michele si tiene nella piazza antistante la chiesa di Riva un’importante fiera dell’artigianato locale e dei prodotti a km 0.

Una visita guidata virtuale ai tesori della chiesa di Alagna

La chiesa di Alagna, nel cuore della frazione centro, è dedicata a San Giovanni Battista. Un elegante porticato protegge gli ottocenteschi affreschi della facciata, opera dei fratelli Avondo di Balmuccia, che rappresentano la nascita e la decollazione di San Giovanni, mentre l’ingresso principale è ornato da dipinti riguardanti l’Annunciazione.

L’interno custodisce tesori di arte sacra di notevole valore, frutto della creatività di artisti locali, che nonostante le scarse possibilità economiche seppero realizzare opere di grande prestigio. Entrando lo sguardo è catturato dal monumentale altare ligneo, opera di Giovanni Maria Guala Molino nell’ultimo decennio del ‘600. A destra dell’altare si sviluppa il gruppo scultoreo dedicato a San Rocco e San Sebastiano, opera dello scultore Alagnese Giovanni d’Enrico, fratello del più famoso Tanzio da Varallo. A destra trovano posto il cinquecentesco altarolo portatile, emozionante esempio della religiosità locale, e il grande crocefisso ligneo cinquecentesco. Alla sinistra dell’altare maggiore, troviamo quello dedicato alla Madonna del Rosario, dove fanno bella le quindici formelle dei Misteri del Rosario e la statua della Vergine.

Di particolare pregio all’interno della chiesa è il battistero, la cui parte inferiore e il pulpito, datati 1630, sono realizzati in pietra ollare. A fianco della chiesa si trova il cimitero sul cui muro di cinta si osservano antiche lapidi tombali, sulle quali sono ben visibili i segni di casato “huszaiche” (in lingua locale) delle famiglie alagnesi. Nel cimitero invece, dagli anni ’90 del secolo scorso, un fenomeno spontaneo che prese spunto dalla tomba dell’ingegner Arialdo Daverio, benefattore della comunità, ha trasformato il cimitero in piccolo “paese” di mini-case walser, rendendolo unico nel suo genere.

Percorso facile ma ripido e e con un disceto dislivello che richiede allenamento e abitudine al trekking

A Boccioleto, in val Sermenza, a 33 km da Alagna, si trova un sentiero, che conduce attraverso la storia. Si raggiunge dapprima la frazione Ronchi, m.814, dove inizia l’itinerario. La Chiesa della Madonna delle Grazie, un vero gioiello d’arte, menzionata già nel 1617, conserva una tela della Madonna in trono del Rocca datata 1635, una pala d’altare del Dedominici, affreschi ottocenteschi dell’Avondo sulla facciata.

La mulattiera prosegue poi verso la cappella del Genestroso. Poco prima di Ormezzano alcune croci ricordano le vittime di una valanga. Giunti alla piccola frazione (20 minuti) merita la visita l’oratorio di San Giovanni Battista, nel quale si ammira un’ancona datata 1649; l’affresco sulla facciata è opera dell’Avondo. In 15 minuti si raggiunge Solivo m. 1027, in bella posizione panoramica, l’ultimo nucleo abitato della val Cavaione. L’oratorio, della fine del 1600, è dedicato a Sant’Antonio da Padova. Di fronte la coeva cappella di San Nicola di Bari, preceduta da un caratteristico portico a colonne e con lunetta dell’Annunciazione; all’interno una dolce Madonna con Bambino in trono ed elegante drappeggio come sfondo; a lato San Pietro e San Nicola; alle pareti San Defendente e una Crocifissione; sulla volta d’ingresso una bella Annunciazione.

La mulattiera, che si fa più ripida e faticosa, tra grandi faggi porta alla cappella del Selletto m. 1185 (30 minuti); si tratta di una cappella di sosta con portico ad eleganti colonne. In piano si raggiungono le alpi Daloch, Saas, Rivetti e si raggiunge poi l’alpe Seccio m. 1388 (30 minuti), dove si ammira l’oratorio di San Lorenzo, il gioiello della val Sermenza. La chiesa è della seconda metà del ’300, consacrata nel 1446, anno cui risalgono gli splendidi affreschi dell’interno, quasi tutti ben conservati. Sulla volta dell’abside è affrescato un magnifico Redentore, i Quattro Evangelisti e L’Annunciazione; sulla parete d’ingresso splendide figure di martiri e padri della Chiesa. All’esterno della piazzetta si vedono i resti di un antico affresco dedicato a S. Cristoforo e un raro esemplare pittorico della ruota della fortuna.

Sulla via del ritorno, si passa per l’alpe Tetto, caratteristico per le antiche “torbe”, case costruite con massicci tronchi di abete. Rientrando a Boccioleto si consiglia una puntata alla frazione Oro (25 minuti) per visitare la chiesetta di San Pantaleone, del 1477, e quella della Madonna del Carmine che conserva affreschi degli Orgiazzi del secolo XVIII e del Borsetti. La prima è al centro delle case ed è interamente ricoperta di affreschi. A Boccioleto vale una menzione l’oratorio di Casa Milanetto, del 1500, sulla vecchia mulattiera (segnavia 387) che porta a Ronchi. All’inizio del paese, verso est, sorge la cappella della Madonna Di Loreto, detta “Gesietto”; si nota per il suo aspetto un po’ bizzarro e per la varietà dei marmi; i dipinti sono del Cavallazzi di Oleggio (1538). Per finire degnamente l’itinerario artistico resta la visita alla Chiesa Parrocchiale, con affreschi del Borsetti (volta e quadri degli Apostoli), dell’Orgiazzi (San Pietro e Paolo), dell’Avondo (presbiterio) e del Dedominici di Rossa (Santa Filomena).

Nella Chiesa dell’Annunziata invece, trasformata in museo, sono state raccolte molte opere d’arte provenienti da oratori e cappelle sperdute nella valle; tra tutte è da segnalare il “Compianto sul Cristo morto”, imponente gruppo statuario ligneo del 1500, proveniente dal Santuario della Madonna del Sasso.

Itinerario

Raggungere Campertogno in auto (13 km da Alagna) Da Campertogno si prosegue in direzione Argnaccia su comoda mulattiera incontrando prima la Madonna degli Angeli (15 m), quindi la Madonna del Callone (30 min) e la splendida piana dell' Agnaccia (15 m. Proseguendo per altri 30 min si raggiunge il Cangello.

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Una passeggiata sul sentiero dell'arte Campertogno Argnaccia Cangello (13 km da Alagna) non può mancare agli appassionati di arte. Al centro dei Campertogno, superato il ponte in pietra sul Sesia, si è subito in frazione Tetti, dove merita la visita il cinquecentesco oratorio di San Marco, affrescato dall’Orgiazzi e arredato da un’artistica cancellata di ferro e un’ancona del ’600. Uscendo dalla frazione, una comoda mulattiera affiancata da 15 cappelle dedicate quasi tutte alla Madonna e quasi tutte affrescate dai fratelli Avondo, si arriva (15 minuti) alla chiesetta della Madonna degli Angeli, eretta nel 1686 su una primitiva cappella del 1481, anch’essa affreschi degli Avondo sulle pareti e sulla volta.

Superati i casolari del Selletto per ripidi tornanti, si raggiunge la cappella della Scarpia o “della Visitazione”, a pianta quadrata, senza abside, dove campeggiano gli affreschi della Visitazione, di San Cristoforo e del Crocefisso con San Giovanni Battista. Il sentiero prosegue in un bel bosco di faggi e raggiunge in circa 30 minuti la chiesa della Madonna del Callone. Gli affreschi della facciata e dell’interno sono attribuiti agli Avondo; quelli sulla parete di fondo sono invece secenteschi.

In 15 minuti, superata la faggeta, si sbuca all’Argnaccia, un tempo frazione abitata tutto l’anno, ora luogo di villeggiatura. Dopo il minuscolo laghetto, un bivio porta alle baite e alla cappella del piccolo borgo. L’interno è ricco di affreschi molto antichi (Madonna con Bambino, San Francesco, Santa Marta; sulla volta è rappresentata la Trinità, all’esterno l’Annunciazione). Sul poggio più alto, a picco su Campertogno, è stata eretta una croce.

In 30 minuti tra betulle e maggiociondoli sparsi nei prati che stanno scomparendo si arriva a Cagello, alpeggio con l’oratorio di San Bernardo, dalla finestra tonda sopra la porta; l’interno ha il presbiterio pentagonale con volta a costoloni e la navata con soffitto a cassettoni. Gli affreschi sono antichi, piuttosto primitivi: sul sagrato un lungo sedile in pietra ripete un motivo già rilevato in oratori precedenti. Alcune case nei dintorni sono state costruite con pareti di tronchi. Al rientro merita una visita la chiesa di San Carlo di Tetti, eretta su un cucuzzolo sulla destra del Sesia nel 1600, affiancata dal cimitero nel 1836; originale il pavimento in salita, collegato con tre gradini al presbiterio. Il “San Carlone” all’esterno sull’abside veglia su Campertogno. Antonio Orgiazzi decorò nel 1777/78 la navata, con i quadri della Via Crucis.

Tornati a Campertogno centro, non si può mancare la visita della chiesa parrocchiale e del museo annesso. Qui si conserva il monumentale altare ligneo della chiesa antica, oltre a mobili dipinti, sculture, arredi, paramenti e cimeli. Di particolare interesse il modello della chiesa che risale al 1700 forse su progetto del Guarini; a esso si rifà a grandi linee la chiesa attuale, eretta su progetto di Filippo Juvara, poi elaborato da Bernardo Vittone. Tra i pittori che hanno affrescato la chiesa, ricordiamo Carlo Borsetti (tazza del presbiterio), Lorenzo e Giuseppe Avondo (coro), Pier Celestino Gilardi (Crocefissione).

Un percorso semplice tra i sentieri che raccordano le frazioni della Valle Vogna, perloppiù pianeggiante, con sentieri ben segnati

Itinerario

A Riva Valdobbia di raggiunge Cà di Janzo, dove si lascia l’auto. A piedi si sale a Selveglio (30 min), e si volta a sinistra per raggiungere la frazione Oro.  Si prosegue per Cà Vescovo (10 min)  e quindi Rabernardo (10 min), Selletto (10 min) e quindi Cambiaveto (10 min), Piane (10 min) e Peccia (15 min). Da qui si rientra attraversando le frazioni basse di Sant’Antonio, Cà Morca e Cà Piacentino per raggiungere nuovamente Cà di Janzo, punto di partenza dell’itinerario.

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Partendo da Riva Valdobbia s’imbocca la Valle Vognasplendida valle ricca di contrasti: selvaggia e aspra in alcuni tratti, ma coltivata e fascinosa per i molti villaggi walser. Superando in auto parecchi tornanti e lasciando sulla destra la chiesetta della Madonna delle pose (dove sostavano i valligiani con i loro carichi sulle spalle), si giunge a Cà di Janzo, dove la strada viene chiusa nei mesi estivi e vi si transita solo con un permesso rilasciato ai residenti.

La frazione era un tempo rinomata come soggiorno estivo e l’albergo “Pensione Alpina” oggi Casa Alpina Regina Margherita, ospitò nel 1898 la Regina Margherita di Savoia e nei primi anni del ‘900 Sibilla Aleramo.

Da Ca di Janzo, seguendo il sentiero n° 10 si sale in 30 minuti Selveglio, bella frazione abbarbicata sulle pendici della montagna. Lungo il sentiero merita la visita la secentesca cappella di Sant’Antonio. Selveglio accoglie il visitatore con la bella cappella della Madonna del Carmine con il campanile di fine 700 e le monumentali case contadine costruite con pareti a trave di larice a incastro e grandi loggiati perimetrali. Una fontana in larice è ancora in uso. In uscita, la chiesetta di San Defendente, eretta dai valligiani sfuggiti alla peste del 1630, è interessante per le tre meridiane d’inizio 1800, opera di G. Carestia.

Abbandonato il segnavia n. 10 che porta alla Cima Mutta, si prosegue a sinistra lungo un sentiero panoramico ben segnalai e in 10 minuti si raggiunge la frazione Oro. Qui meritano particolare attenzione le belle case appoggiate sui “funghi”, colonnette di legno che sostengono il corpo centrale della casa impedendo ai topi di entrarvi. Ancora bella è la fontana, mentre il forno è cadente. L’oratorio è dedicato a San Lorenzo. In 10 minuti si giunge a Ca’ Vescovo, a mezza costa, dove alcune case portano sul colmo del tetto una pietra bianca alla quale si attribuivano poteri magici. Il borgo domina la frazione Sant’Antonio e ha una magnifica vista sulla valle.

In piano, tra le betulle, si prosegue per Rabernardo, abbarbicata su un ripido pendio, oltrepassando il portico della cappella della Madonna della Neve, con l’originale campanile settecentesco. Di particolare interesse dentro la chiesa sono l’acquasantiera in sasso, la meridiana e l’altare policromo del ’600. Una delle abitazioni è stata allestita a Museo della casa Walser e merita la visita.

Trascurando il sentiero che scende a Sant’Antonio, si sale verso i prati sopra la frazione per raggiungere il Selletto prima e Cambiaveto poi. Ampi prati e boschi di frassini cingono le case, in un paesaggio davvero poetico. Il sentiero prosegue verso le case di Piane, frazione divisa in due nuclei distinti. Interessante il cinquecentesco paravalanghe in pietrame posto a difesa delle abitazioni. In 15 minuti si scende alla frazione Peccia, l’ultima del fondovalle, antico villaggio più volte devastato dalle valanghe. Dopo la disadorna cappella di San Nicolao la mulattiera passa tra le case, supera una fontana e porta alla chiesa di San Grato. Da qui si consiglia di rientrare attraverso le frazioni “basse”; toccando prima Sant’Antonio con la bella piazzetta su cui si affaccia l’oratorio e l’edificio dell’ex Scuola Elementare trasformato ora in punto tappa della G.T.A, quindi Ca’ Verno, Ca’ Morca e Ca’ Piacentino, per raggiungere nuovamente Ca’ di Janzo, punto di partenza dell’itinerario.

Una passeggiata tra storia e natura, per conoscere la città del Sacro Monte.

Itinerario

Da Alagna a Varallo in auto (36 km). Entrare in città alla seconda uscita della superstrada. Si arriva in centro dove ci sono numerosi parcheggi.

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Secoli di civiltà immersi in uno scenario naturalistico incantevole.
La Valsesia racchiude in se il meglio del paesaggio alpino: vette innevate, roccia brulla fitti boschi e il fiume, linfa per nutrire la vita vegetale e animale che popola le sue rive verdeggianti.

Varallo è l’esito artistico estremo del coinvolgimento emotivo dell’uomo immerso in un simile capolavoro del creato. E l’arte non può che concretarsi in una lode estatica, in un inno religioso al suo Creatore, e sublimarsi della nuova Gerusalemme: il sacro Monte, grandioso monumento alla vita di Cristo. Visitare Varallo significa incontrare oltre un millennio di storia nelle strade, nei palazzi, negli edifici religiosi, che testimoniano oggi un passato di stimoli diversi.

ARTE E CULTURA A VARALLO SESIA

Varallo si presenta con un impianto urbanistico tipicamente settecentesco, le cui strade e i cui scorci suggestivi invitano a scoprire la città. All’ingresso in Varallo sorgono la Cappella di Loreto interamente affrescata e la Chiesa di San Marco, piccolo gioiello tardo medioevale, una delle più antiche della valle. In centro città, la Collegiata di San Gaudenzio, celebre per le sue otto cappelle, che coronano l’ampia navata centrale, conserva la celeberrima Madonna incoronata, venerata a Varallo per aver protetto la città dalla peste del 600. Nell'intrico delle vie del centro si visita invece il Palazzo dei Musei, vasto complesso architettonico, sede della Pinacoteca e del Museo Calderini di Scienze Naturali.

La Pinacoteca in particolare conserva esempi di pittura piemontese e valsesiana dal XV al XX secolo, alcuni dei quali in continuità con le esperienze artistiche che confluirono nel Sacro Monte. Il Museo Pietro Calderini è, invece, dedicato alla storia geologica e naturale della Valsesia, con una ricca collezione di reperti paleontologici, etnologici e archeologici. Di particolare interesse la Chiesa di Santa Maria delle Grazie con la parete gaudenziana, stupendo ciclo di affreschi dedicati alla vita e alla passione di Gesù. Il tempio mariano, edificato a partire dal 1486con le tipiche caratteristiche architettoniche francescane, è monumento nazionale.

Meritano attenzione il palazzo Scarognini d’Adda, signorile teatro di convegni e mostre, l’ex stabilimento idroterapico, attuale sede dell’Istituto Alberghiero e il Palazzo Racchetti, che nella sua storia ha ospitato nobili famiglie, istituzioni, associazioni, enti e uffici, e recentemente è stato ristrutturato ed é oggi sede della Biblioteca civica Farinone Centa. Molti altri tesori racchiude Varallo, da scoprire uno a uno passeggiando tra le strette vie del centro.

IL SACRO MONTE DI VARALLO

Incastonato su un terrazzamento roccioso naturale del Monte Tre Croci, il Sacro Monte di Varallo è la massima espressione artistica e religiosa del territorio.
L’area è stata istituita Riserva Naturale Speciale per la tutela e la valorizzazione della somma di valori naturalistico-ambientali e artistici che convivono in splendida armonia, impreziosendosi a vicenda. Il Sacro Monte di Varallo, fondato nel 1491, è la più antica dellenuove Gerusalemme”, ovvero le riproduzioni dei luoghi santi della Palestina e delle scene della vita di Cristo, diffusesi negli anni della contro riforma.
2sacromonteNel complesso delle 50 cappelle, architettura, scultura (oltre 800 statue in terracotta policroma e legno!) e pittura danno vita a scene coinvolgenti a grandezza naturale, per un impatto emotivo senza pari. Vi lavorarono grandi artisti, che seppero infondere nelle opere una spiritualità palpabile, nutrita di fervida religiosità.

Se nel ‘400 il maggior artefice è Gaudenzio Ferrari, nel ‘500 l’architetto perugino Galeazzo Alessi dà la propria impronta a numerose cappelle e alla progettazione urbanistica del complesso. Nel ‘600 è la volta dei fratelli Valsesiani Giovanni e Tanzio D’Enrico: un binomio capace di donare vera e propria teatralità alle scene rappresentate. Il Sacro Monte, come oggi appare, è frutto di numerosi interventi, che dalla fondazione si protrassero fino alla metà del 1800. L’inaugurazione della nuova funivia di collegamento tra Varallo e il Sacro Monte offre la possibilità di godere più pienamente della bellezza del luogo, ammirare il panorama e approdare nell'ideale città sacra con l’animo predisposto a coglierne il messaggio artistico e spirituale.

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